17 mag 2016

MURI DA ATTRAVERSARE

 Maria Cristina Reggio
 Il confine identifica, separa e protegge in una spazialità esclusiva e sempre in mutamento. Viaggiare è un attraversamento di muri e confini, luoghi misteriosi dove si abita e dove convivono differenze che spesso causano conflitti. Il confine è il luogo del cambiamento, rappresentabile non solo mediante una linea, per quanto movimentata, ma soprattutto con un "campo", una superficie multiforme che avvolge e mette in contatto con l'altro, in uno spazio che sempre comprende la frontiera tra il proprio e l'altrui corpo.

Cartoline dai muri del dolore,  firmate dall'invisibile Banksy
Banksy, Cartolina Di Natale, 2015
Banksy, Cartolina Di Natale, 2015
Realizzata nel 2005, ma Banksy l'ha pubblicata solo a Natale 2015 sul suo profilo Facebook




Banksy, Steve Jobs a Calais, 2015
L'artista britannico Banksy ha realizzato quattro graffiti a Calais, in sostegno ai migranti della "giungla" del porto francese, uno dei quali raffigurante Steve Jobs, defunto capo di Apple. In mezzo alle tende dei rifugiati, Banksy ha firmato il graffito raffigurante Jobs con un computer Mac e un sacco sulla spalla, per ricordare che Steve Jobs era nato da un padre di origine siriana prima di essere adottato.

I muri di Doris Salcedo dove hanno vissuto altri corpi
Doris Salcedo progetto per Abyss, 2005, Castello di Rivoli, Torino



Doris Salcedo (Colombiana,1958), vive e lavora a  Bogotá
Plegaria Muda al Maxxi, 2012,
Nel 2004 la Salcedo ha compiuto un viaggio a Los Angeles dove un rapporto ufficiale dichiarava che nell’arco di vent’anni oltre diecimila giovani erano deceduti di morte violenta. Racconta Doris Salcedo “vivendo con altri individui che abitano in aree povere e in situazioni precarie, si comincia a comprendere la correlazione esistente tra questa condizione, e la conseguente morte violenta, anonima e invisibile. La ‘morte sociale’ o ‘morte della vita’ che ho potuto vedere a Los Angeles mi ha fatto comprendere che , nonostante la diversità del luogo, la situazione non era diversa da quanto vissuto dai giovani delle aree depresse delle città colombiane”. Tra il 2003 e il 2009, circa 1500 giovani colombiani furono uccisi dall’esercito senza alcuna ragione apparente.

Salcedo, Shibbolet, Turbine Hall, Londra 2007
La crepa attraversa il pavimento posticcio creato nella Turbine Hall e consente di vedere cosa accade al piano di sotto.

Salcedo  Installazione 2003, Biennale Istanbul
Le sedie sono i muri di una casa rasa al suolo.

Viaggio nel corpo di Mona Hatoum




Mona Hatoum, Corps étrangers, Corpo estraneo, installazione, 1994
Mona Hatoum, (palestinese, 1952) vive a Londra dal 1975.
Quello di Mona Hatoum propone allo spettatore  è un viaggio all'interno di un corpo, il suo. L'installazione comprende un muro cilindrico con una soglia attraverso la quale lo spettatore è invitato a entrare, e dove, all'interno si sente un suono mentre sul pavimento si proietta, in una porzione circolare, una endoscopia in piano sequenza del corpo della stessa artista. Christine Van Assche scrive: «Cette œuvre est une  performance  en soi, que l’artiste transmet comme expérience phénoménologique et existentielle», ma, forse, la performance è richiesta anche allo spettatore, che con il suo camminare, si trova a calpestare, letteralmente, la parte più intima del corpo della donna. Guarda il video:
https://www.youtube.com/watch?v=Qsci0WAd_Lk

I muraglioni del Tevere dove scorre la storia di Kentridge 




Kentridge,  (Sudafricano, nato a Johannesburg nel 1955)
Nato nel paese dell'apartheid, tutto il suo lavoro è incentrato sul tema del confine,  dell'apartheid, del colonialismo, dell'imperialismo. A Roma ha realizzato un'installazione sui muraglioni del Tevere dove cui ha disegnato, dipinto e proiettato le sue gigantesche cartoline di viaggio  con cui ha fatto attraversare in  processione il tempo della città eterna  da parte dei personaggi che la caratterizzano, dalla lupa agli imperatori, ai bersaglieri fino a Pasolini e al felliniano Mastroianni con Anita Eckberg.  Si consiglia la lettura del focus realizzato su questo suo lavoro sulla rivista alfa+, che raccoglie diverse recensioni e riflessioni interessanti:
https://www.alfabeta2.it/2016/05/14/william-kentridge-tempo-scorre/

Boltanski: un confine  di biscotti tra la vita e la morte 


Per Boltanski il confine che segna il viaggio tra la vita e la morte è ancora, come lo era  per Proust, segnato dal sapore di un biscotto. Al Grand Palais de Paris, nell'installazione visiva e sonora che si intitolava Personnes, realizzata per Monumenta nel 2010, il visitatore era accolto da un muro formato da scatole di biscotti arrugginite e numerate, oltrepassate le quali si apriva alla vista il pavimento scandito in modo regolare da 69 moduli rettangolari composti di vecchi abiti, come le tombe di un grande cimitero. Al termine della navata s’innalzava  un’enorme piramide di vestiti , sopra la quale il braccio meccanico di una gru sollevava casualmente alcuni capi dal mucchio per poi lasciarli ricadere in un alto mucchio indistinto.  Chi lo voleva, poteva registrare il proprio battito cardiaco e metterlo a disposizione de Les Archives du Coeur che Boltanski ha  raccolto nel tempo,  oggetto di un'installazione a Insel Ejima (Giappone). Questi stessi battiti scandivano il viaggio sonoro dell'installazione.
https://www.youtube.com/watch?v=SXND1GZdBzM

Muntadas, ovvero la traduzione  per attraversare i muri


Antoni Muntadas (Barcellona 1942), artista concettuale catalano è da sempre impegnato a decostruire e a rendere visibile i paesaggi mediatici. Nel 2005 ha  portato alla Biennale di Venezia ON TRANSLATION, un progetto di lavoro che lo ha impegnato per 15 anni, e che è approdato alla Biennale Venezia nel Padiglione dei giardini, dove il catalano ha lavorato per prima cosa sul senso dello spazio come luogo di trasmissione di informazioni e del suo rapporto storico con la città,in questo caso I Giardini della Biennale di  Venezia. (come aveva fatto precedentemente a La Alameda, Mexico City nel 2004, a Erinnerungsraume, Brema, 2004). Tema della sua ricerca è la traduzione , non nello specifico della lingua, ma del più vasto contesto culturale e dunque politico.

A Venezia il progetto  ha assunto la denominazione di  ON TRANSLATION: I GIARDINI si è articolato in diverse installazioni nel Padiglione spagnolo della Biennale ai Giardini: all'inizio c'era una Sala d'aspetto con informazioni sulla storia della Biennale dai radiogiornali e videogiornali d’epoca, interviste ad artisti, gli andamenti delle vendite delle opere ospitate nelle prime biennali, tutte registrate e contenute in dispositivi nascosti dietro cornette del telefono di bachelite appese al muro. Seguiva The Internet Project (1997), una banca dati sterminata di frasi tradotte in/da tutte le lingue che l’artista ha fatto propagare, eliminando sempre la linea precedente della traduzione (un gioco, come il telefono senza fili) per seguire come il significato originario di uno statement si perdesse nei rivoli culturali del ricevente, che dialogava parossisticamente con un senso traslato, cioè la traduzione di colui che lo aveva preceduto. The Interview (2002) era una lunga intervista concessa dal traduttore russo dei grandi del Cremlino ad una TV americana ai tempi di Reagan e Gorbaciov, degli incontri al vertice tra le superpotenze atomiche, che rifletteva la differenza tra traduzione ed interpretazione: un equilibrio di quantità e dosi dell’altra nell’una. Seguivano  “Attenzione: la percezione richiede impegno” (2005), "On view", 2004 e "El applauso" del 1999, un'opera video con tre schermi in cui, accanto alle riprese di un pubblico che appaludiva all'infinito. si vedevano le più infami atrocità che le tv trasmettono.  Infine "La mesa de Negociación II", ovvero la Tavola della Negoziazione, del 1998-2005 che consisteva in un tavolo rotondo simile a quelli degli incontri internazionali, con gambe sostenute in parte dai libri,  su cui era disposta sotto-vetro una superficie di mappe e statistiche che prendevano in esame l'Africa e i paesi sviluppati aggregando dati singolari ed  curiosi (quanti giornalisti erano morti, come e se era libera la stampa, quanti editori c'erano, quanti ticoon delle telecomunicazioni).
http://www.cultframe.com/2005/07/antoni-muntadas-on-translation-padiglione-spagna-51a-mostra-internazionale-d%E2%80%99arte-di-venezia/
Come lui stesso ha affermato nel corpo della sua Lecture in Accademia ad aprile 2016, Il suo lavoro non è multimediale, ma intermediale e finalizzato all'analisi dei Media landscape, ovvero i paesaggi e territori attraversati dai media. Utilizza il medium per attraversare la comunicazione attraverso i media , in un percorse inverso rispetto a quello della comunicazione, per esaminare il rapporto tra pubblico e arte, tra pubblico e comunicazione.

Francis Alys, se l'arte può mostrare i confini, la fede può spostarli







Francis Alÿs (nato in Belgio 1959, Antwerp) vive in Mexico.
Il lavoro di Francis Alys, scrive Fabio Cavallucci, trova il suo punto fondante su un'azione performativa apparentemente inutile.
http://francisalys.com/
When Faith Moves Mountains, 2002, Alys realizza l'impossibile, ovvero lo spostamento di una duna di sabbia fuori da Lima, da parte di 500 volontari armati di vanga, ogni giorno di qualche metro.
Guarda il video : http://francisalys.com/when-faith-moves-mountains/


Sometimes doing something poetic can become political and sometimes doing something political can become poetic (2005), un video documentario del viaggio durante il quale ha dipinto una linea di vernice verde lungo i confini dello Stato di Israele così come erano dopo la guerra arabo-israeliana del 1948. Usando l a vernice verde, Alÿs ha camminato lungo il confine dell'armistizio , conosciuto come la linea verde, segnalato sulla mappa da Moshe Dayan alla fine della guerra tra Israele e la Giordania nel 1948. Questo è rimasto confine fino alla guerra dei Sei Giorni nel 1967 dopo la quale Israele ha occupato i territori disabitati della Palestina che stavano a est della green-line. Guarda il video: http://francisalys.com/the-green-line/



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